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Atlantis, arrivederci e addio

I lettori appassionati di fantascienza sapranno senza dubbio che la serie Stargate Atlantis si è conclusa all’inizio di gennaio con il finale della quinta stagione che ha segnato il traguardo del 100° episodio, oltre al finale di serie, come detto.

Premetto che io non ho ancora visto l’ultima stagione della serie – FOX in Italia ha da poco concluso la quarta stagione – ma si è fatto un gran parlare delle serie, proprio perché il finale ha aperto il tempo dei bilanci, vorrei quindi approfittarne anch’io per commentare lo show.

Atlantis è stato il primo spin-off di SG-1, una serie partita in sordina alla fine degli anni ’90, ma che poi ha raggiunto una tale popolarità da diventare lo show di fantascienza più longevo della televisione americana e da meritare ben due spin-off, il secondo dei quali, Stargate Universe, partirà molto probabilmente nel dopo l’estate 2009. Secondo molti commentatori, Atlantis ha rappresentato una variazione sul tema rispetto a SG-1: di nuovo una serie ambientata principalmente in una base (lo SGC in SG-1 e la Città in Atlantis) da cui i protagonisti partono ogni episodio attraverso lo Stargate per esplorare i mondi delle rispettive galassie (la Via Lattea e la galassia Pegaso). In effetti è evidente che Atlantis è simile sì a SG-1, ma molto più simile alle ultime stagioni, piuttosto che alle prime. Con il tempo, infatti il franchise di Stargate si è progressivamente mosso da storie orientate quasi esclusivamente all’esplorazione di pianeti tramite lo Stargate, a episodi con un respiro più ampio, incentrate su alleanze, intrighi e politica fino a guerre su scala galattica e addirittura transgalattica.

L’apparizione di astronavi terrestri (la Prometeus nella sesta stagione di SG-1, in particolare) ha simbolicamente dato il via al cambiamento. Atlantis porta questo concetto all’estremo, non per niente proprio in questa serie gli episodi ambientati nello spazio si moltiplicano, così – di nuovo – come le astronavi terrestri e quelle aliene. Gli episodi e Camelot e Be All My Sins Remember’d e sono due lampanti esempi di questa transizione in SG-1 e in Atlantis.

A differenza di SG-1, Atlantis ha impiegato molte meno tempo a raggiungere alti livelli negli episodi: mentre la prima serie ha necessitato un paio di stagioni di rodaggio prima di uscire dal vicolo cieco di episodi quasi tutti uguali dal punto di vista strutturale, Atlantis ci ha mostrato subito una certa varietà e maturità. Entrambe queste caratteristiche hanno ovviamente tratto beneficio da tutta la storia, le innovazioni e i personaggi mostrati in 8 anni da SG-1 e, a mio avviso, Atlantis ne ha approfittato in maniera più che buona. Atlantis appare infatti sempre “connesso” con il resto del franchise e con l’attualità del mondo reale: il SGC, il IOA hanno un ruolo  importante, così come la politica nazionale e le relazioni internazionali che gli USA hanno con le altre potenze mondiali.

Da più parti sono state mosse critiche anche pesanti ai personaggi della serie, ma io ritengo che la maggior parte sia esagerata.

Il più ovvio paragone è tra i leader militari delle due serie: si dice spesso che Sheppard non possa reggere il confronto con O’Neill, ma questo confronto non andrebbe nemmeno fatto, a mio parere. I due personaggi, così come gli attori che li interpretano, sono due tipi totalmente diversi. Tanto uno è anziano, esperto, disilluso, così l’altro è invece giovane poco esperto e obbligato a crescere professionalmente in una situazione critica. O’Neill era noto per la sua estrema ironia, che a volte finiva addirittura per trasformarlo nella classica macchietta. E’ stata una caratteristica che ha segnato il personaggio e in buona parte l’intera, tanto è stata apprezzata dal pubblico, ma non dimentichiamo che in alcune situazioni il suo comportamento risultava un po’ sopra le righe, considerando il suo ruolo e le sue responsabilità. Al contrario, Sheppard è un ufficiale tutto d’un pezzo: nonostante non si lasci mai scappare occasioni di fare una battutaccia su McKay, il suo comportamento è molto più militare, atteggiamento che rispecchia forse anche una lezione appresa in seguito ai sui problemi con i superiori e con l’eseguire gli ordini.

Sarebbe forse più opportuno paragonare lui a un personaggio che gli è più simile, ovvero Cameron Mitchell, che gli è più vicino come esperienza, età e rapporto con i suoi pari. Di entrambi possiamo dire che sono personaggi (e attori) inseriti nello show in punti critici e con ruoli altrettanto critici: sono stati entrambi diversi da O’Neil, ed entrambi hanno messo del loro per evitare di generare solo una brutta copia dell’originale: mi pare che entrambi abbiano fatto bene, nonostante ogni tanto la nostalgia possa spingere a dire il contrario.

Altro personaggio veramente interessante è, ovviamente, Rodney McKay che è in qualche modo lo specchio di Sheppard. Chi lo ricorda dalle prime apparizioni in SG-1 non può aver dimenticato la presenza quasi esclusivamente perturbativa, insensibile e antipatico com’era. Negli anni è cresciuto molto da tutti i punti di vista: le ultime stagioni di Atlantis rappresentano il compimento di questo lungo viaggio. Onestamente non credo si possa criticare il personaggio o l’attore… anzi si è trattato di una scelta ottima e coraggiosa perché è stato più difficile salvare il buono del personaggio già avviato e smussarne i suoi angoli, piuttosto che iniziare tutto da zero. E’ il caso di una verosimile crescita umana e professionale mostrata sullo schermo.

Per quanto riguarda la Weir, il suo personaggio ha probabilmente sofferto la troppa staticità: rimanere alla base mentre gli altri personaggi vanno all’avventura ha evidentemente un effetto negativo. Non per niente in SG-1, lo staff del SGC era composto da personaggi regolari, ma di secondo piano, per così dire. Il generale Hammond ne è l’esempio migliore: obiettivamente non ci si poteva aspettare di meglio dalla Weir.
Probabilmente sia l’attrice che il personaggio hanno sofferto di una aspettativa troppo elevata. Peccato, il personaggio era interessante e si era costruita una buona base in SG-1, forse ci voleva il coraggio di lasciarla sulla Terra in uno dei viaggi di ritorno all’inizio della serie e farne subito un semi-regolare, dandole una parte molto minore ma molto più dignitosa. Trattarla così come hanno fatto, è risultato quasi una punizione, sia per il personaggio che, probabilmente, per l’attrice che addirittura ha rifiutato le ultime partecipazioni alla 5° stagione, forse un po’ seccata.

Di Aiden Ford, Ronon Dex e Teyla Emmagan dobbiamo probabilmente parlare insieme. Tutti e tre sono stati concepiti in parte come spalla di Sheppard e in parte come rappresentanti del punto di vista alieno (ognuno a modo suo) della serie. Si tratta di una classe di personaggi che ha una lunga storia alle spalle nella SciFi in generale e che in SG-1 ha avuto una incarnazione molto ben riuscita in Teal’c. Incarnazione tanto ben riuscita che questi tre successori sono risultati solo pallidi tentativi di imitazione. Forse sarebbe stato meglio evitare di ricreare un personaggio già visto e – nonostante il successo – ripartire da zero e inventarsi qualcosa di nuovo. Non credo che si possa dire male dei tre: qualcuno è rimasto poco sullo schermo, tutti hanno dovuto dividere la scena con altre spalle e con gli onnipresenti personaggi principali.
Tutti hanno sofferto di quello che a me è sembrata indecisione da parte dei creatori della serie: indecisione nel prendere una strada unica e investire in quella.
Con questi tre personaggi hanno forse voluto fare troppo, finendo poi per fare poco (no, non niente).

Per mancanza di spazio, parliamo solo brevemente di una pletora di personaggi secondari. Mi pare che la grande maggioranza si sia comportata in maniera ottima e abbia lasciato il segno pur in ruoli piccoli e limitati nel tempo. Anzi, dobbiamo forse dire che gli sceneggiatori dei due Stargate sono stati veramente eccezionali nel trattare i cosiddetti recurring dando loro sempre parti ben calibrate, consentendo a molti di tornare, senza pretendere che facessero i miracoli che i personaggi minori non potranno mai fare sul piccolo schermo, per loro stessa definizione e formazione.

Esempio di questa categoria è stato l’ottimo Carson Beckett: utilizzato in maniera intelligente nella prima stagione è diventato il beniamino dei fan e ha sviluppato una perfetta meccanica relazionale con gli altri personaggi, tanto da diventare regolare a furor di popolo. Fino alla sua improvvida uccisione, ha funzionato in maniera eccezionale nello show, tanto che la sua morte ha dovuto essere rivista meno di un anno dopo, purtroppo con risultati non brillanti. Anche la sua sostituta, dottoressa Jennifer Keller, ha saputo sfruttare in maniera opportuna il suo limitato spazio, anche se sulle sue spalle ha pesato senza dubbio il ricordo del suo predecessore e la sua pesante eredità di credito presso il fandom.

Detto tutto questo, è arrivato probabilmente il momento di farci al domanda veramente importante: perché è finito Stargate Atlantis?
Purtroppo il motivo è sempre quello. Non scrivo purtroppo perché io sia contrario al concetto di profitto, ma piuttosto purtroppo per il cattivo trattamento riservato, una volta ancora, ai fan e a chi ha veramente a cuore la serie dal punto di vista artistico.

Avrete capito, naturalmente, che il motivo della chiusura sono i soldi. E’ una dichiarazione fatta da alcuni membri del team creativo di Atlantis e, dopotutto, è una storia che ci sentiamo ripetere da anni, che possiamo leggere identicamente uguale a sé stessa per The Next generation, giusto per fare un esempio pratico. Più uno show va avanti, più gli attori costano, più bisogna investire in set, comparse, attori ospiti, trame più sofisticate e così via; dopo qualche anno, uno show televisivo è pronto per fare il grande salto sul grande schermo (di nuovo vedi Star Trek) oppure su DVD.

Quest’ultimo mezzo, in tempi recenti, ha guadagnato ampio consenso da parte delle major per i grandi guadagni che porta: ancora prendiamo a esempio Star Trek che, sia nelle incarnazioni più riuscite che in quelle meno gradevoli, ha venduto benissimo anche in paesi insospettabili (ovvero in Italia). L’altro esempio, ancora più naturale, è SG-1 che dopo la chiusura del serial è continuata già in due DVD che hanno avuto un costo di produzione tutto sommato modesto e ritorni economici ottimi. Questa iniziativa da parte della produzione è senza dubbio apprezzabile, in quanto permette alla serie di proseguire e di evolvere anche senza esistere più come prodotto settimanale, tuttavia dobbiamo rilevare che si tratta di nuovo di un espediente con fine economico e abbiamo pochi dubbi che, una volta raggiunto il picco dei guadagni e vista una piccola flessione, anche la serie di DVD sarebbe chiusa velocemente se non addirittura interrotta all’improvviso.

Tornando per un momento al discorso dei tagli dei costi, è ormai evidente a tutta Hollywood che cosa fare con una serie di successo: mantenerla in vita per un po’, poi chiuderla e creare uno spin-off!
La premessa simile dei due show porterà invariabilmente gli stessi spettatori anche dalla serie madre alla figlia, mentre un cast nuovo potrà fare lo stesso lavoro del vecchio per meno soldi. Questo naturalmente solo nella testa di qualche (forse molti) avido produttore: infatti abbiamo visto molte volte come uno spin-off sia diventato solo l’ombra pallida della serie da cui è nato, sia dal punto di vista creativo che per quanto riguarda gli attori e i loro personaggi. Naturalmente ci sono delle eccezioni, vedi l’ottimo Angel nato da Buffy, oppure lo stesso Atlantis: non è una legge di natura che ogni spin-off perda un po’ della magia della serie precedente, ma crearne a ciclo continuo come si sta facendo recentemente è un azzardo e spesso si rivela un fallimento.

Mi ripeto, non bisogna credere che qui non si recepisca il diritto al giusto guadagno della produzione, ma vorrei solo sottolineare che un po’ più di riguardo verso il pubblico sarebbe forse più apprezzato e, sul lungo periodo, potrebbe portare a guadagni maggiori rispetto ai semplici ‘giochetti’ di cui abbiamo appena detto. Un fandom più tutelato e ascoltato, sarebbe probabilmente molto meglio disposto verso le case di produzione e ancora più ricettivo verso il loro prodotti.

Forse nessuno si è posto il problema se la disaffezione del pubblico sia effettivamente la causa dei molti show naufragati o forse non ne sia l’effetto!
E’ il momento di farsi una domanda del genere.
Tornando nel finale ad Atlantis, per tutto quanto o visto ed esposto qui, la serie non meritava una fine di questo tipo, ma un po’ più di fiducia invece, almeno un’altra stagione avrebbe dato qualche tempo in più per risolvere i punti aperti che adesso andranno affrontato in DVD, forse in uno solo.
Fra poco il testimone passerà a Universe, sicuramente ne guarderò l’inizio e molto probabilmente finirò per seguirlo tutto, magari anche ad apprezzarlo, e, così come me, faranno senz’altro molti altri fans delle due serie. Ma, di nuovo senza dubbio, a molti continuerà a risuonare in testa la domanda: è valsa la pena uccidere Atlantis per far nascere Universe?

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